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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
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Storie (in)credibili di flussi migratori

 Perché grandi gruppi di uomini si spostano da una terra all'altra, abbandonando i luoghi dove erano sino ad allora vissuti? La risposta è semplice, per cercare cibo, ovvero lavoro, ovvero una possibilità di sopravvivere. Quando non esistevano stati, ma solo tribù vagamente anarchiche di esseri umani, la scelta di spostarsi era inevitabile, se la tribù era fatta di cacciatori-raccoglitori; come dire che finiti gli animali da uccidere e i frutti della terra da raccogliere, non resta che andare a cercare nuovi territori in cui ci siano altri animali e altri frutti. La storia degli uomini è stata questa; il racconto verosimile di questa avventura è il soggetto di un grande libro come "Armi, acciaio e malattie" dell'americano Jared Diamond.1

Spostarsi per cercare la possibilità di sopravvivere è un dato ancora attuale, che vale per molte persone in ogni parte del pianeta: ma spesso la motivazione di partenza non è tanto la ricerca di cibo, quanto la paura di essere uccisi. Si fugge quindi da luoghi di guerra, o da luoghi in cui non si è più accettati. Oggi, solo i flussi migratori di migliaia di persone vengono analizzati e hanno una loro importanza politica, mentre in passato - con una popolazione umana decine di volte inferiore all'attuale - potevano bastare cento uomini per capovolgere una situazione demografica.

La storia delle migrazioni è fondamentale per capire la storia dell'umanità; tutti i grandi centri delle civiltà sono nati a seguito di migrazioni, movimenti continui e inarrestabili che segnavano il destino di popoli, tra invasi e invasori.

Il soggetto storico e attuale dei flussi migratori rappresenta il nocciolo di un bel volume didattico edito da Giunti, autore Robin Cohen, Migrazioni. Storia illustrata di popoli in movimento. La ricchezza di carte geografiche e dati statistici, oltre alla quantità di notizie relative a fenomeni anche recenti di cui si parla troppo poco, rendono utilissimo un libro come questo.

Ma cosa vuol dire migrare? E immigrare? Chi è l'immigrato? Possono a volte sorgere dubbi sul senso di parole che usiamo disinvoltamente, ma a toglierli ci pensa il compianto Umberto Eco in un volumetto postumo, Migrazioni e intolleranza, che raccoglie alcuni suoi interventi di fine Novecento e inizio Duemila. Nel primo di questi, Eco precisa che la migrazione è lo spostamento di un popolo in un nuovo territorio nel quale troverà modo di affermare la propria identità. L'immigrazione è invece l'ingresso di stranieri in un paese del quale dovranno accettare usi e costumi per poter vivere. Il primo fenomeno è inarrestabile e incontrollabile, il secondo si può gestire. Scrive Eco: "I fenomeni che l'Europa cerca ancora di affrontare come casi di immigrazione, sono invece casi di migrazione. […] l'Europa sarà un continente multirazziale o, se preferite, 'colorato'."2

      

    

I flussi migratori si accompagnano alla nascita di intolleranze razziali, sempre che la parola razza abbia un senso. Inevitabilmente, l'uomo semplice che abita nella propria terra natale ritiene giusto e etico solo quello che fanno lui e i suoi compagni di vita, e davanti allo straniero scopre differenze basilari di cui non sospettava l'esistenza: "la tentazione è di tradurre queste differenze come carenze, difetti, deformità".3

La studiosa italiana Donatella Di Cesare ha spinto ai limiti dell'ossessione la critica dell'intolleranza, scrivendo peraltro con efficacia alcuni testi legati al tema attuale delle migrazioni e dell'ospitalità. Dal piano teorico a quello pratico, pensa Di Cesare, le cose cambiano drasticamente:

Troppo a lungo la filosofia si è crogiolata nell'uso edificante della parola «altro», avallando l'idea di un'ospitalità intesa come istanza assoluta e impossibile, sottratta alla politica, relegata alla carità religiosa o all'impegno etico. Ciò ha avuto effetti esiziali. Anacronistico e fuori luogo, il gesto dell'ospitalità, compiuto dagli «umanitari», quelle anime belle che credono ancora nella giustizia, è stato bersaglio di scherno e denuncia. Anzitutto da parte della politica che crede di dover governare obbedendo allo sciovinismo del benessere e al cinismo securitario.4 

Il problema è politico, come avvertiva Eco. La migrazione, dovuta a carestie, guerre o anche semplicemente al sottosviluppo, è fenomeno non da vietare ma da amministrare con oculatezza. I movimenti nazionalisti, sovranisti o semplicemente razzisti che nel ricco Occidente attualmente prosperano, fanno leva sul sorgere inevitabile nella popolazione del sospetto che nell'altro sussistano "carenze, difetti, deformità". La falsità di questo sospetto non è tuttavia così facile da dimostrare, soprattutto davanti allla domanda, "come mai costoro non sono al nostro stesso livello?" La risposta razzista, "perché sono esseri inferiori", non viene mai esplicitata, neppure dai più squallidi esponenti di alcuni partiti, ma è chiaramente sottaciuta, da molti data per scontata. La negazione scientifica e inappellabile di quella risposta ce la forniscono, per fortuna, i genetisti e gli antropologi, come il celebre studioso Luigi Luca Cavalli Sforza, autore di memorabili saggi sull'argomento, in particolare di Storia e geografia dei geni umani5, una formidabile confutazione di qualunque razzismo. E amche il citato libro di Jared Diamond propone lo stesso problema e la stessa conclusione. Purtroppo, l'elemento che accomuna tutti i razzismi del mondo è l'ignoranza, e la lettura di questi volumi richiede un qualche livello di cultura.


 

Il mondo di 13mila anni fa si presentava sicuramente molto diverso da quello di oggi, abitato da numerose specie animali oggi estinte e in gran parte coperto da foreste oggi scomparse. I motivi di tanta differenza vanno ricercati negli scontri cruenti tra gli animali in cerca di spazio e cibo, e nei mutamenti climatici che hanno sconvolto e sconvolgono intere aree del pianeta, modificando le condizioni per la moltiplicazione o la scomparsa della vegetazione. Ma a partire da tredicimila anni fa, dopo l'ultima glaciazione, come ci racconta Jared Diamond nel suo libro straordinario del 1997, l'attività di un mammifero che era cacciatore e raccoglitore ma è diventato abile nell'allevare e nel coltivare, ha cambiato i tempi e le situazioni del pianeta. Laddove l'Homo Sapiens arriva, la caccia alla carne nutriente degli altri animali porta ad autentici massacri ed estinzioni nel nome della sopravvivenza, e la coltivazione intensiva del terreno lentamente sgretola le foreste vergini.

Ma da dove arrivavano questi esseri abili e spietati? La ricerca degli antropologi oggi ha trovato strumenti molto più accurati di un tempo per calcolare date remote, in particolare grazie all'analisi del DNA, presente tanto nelle specie animali che in quelle vegetali e presente soprattutto anche in antichissimi resti apparentemente banali e invece esiziali. Jared Diamond, classe 1938, non a caso è uno scienziato rarissimo da incontrare ai tempi nostri, uno studioso competente in mille materie, specialista in molte di queste, e al vertice della ricerca in almeno una dozzina. Saggista di rango, è in grado - secondo la tipica scuola anglosassone - di spiegare concetti difficili e di renderli accattivanti. La sua vita è trascorsa nello studio e nell'osservazione dei comportamenti umani, degli animali e delle piante, nelle mutazioni, e nelle malattie che gli esseri viventi incontrano e dalle quali vengono a volte decimati. Il libro del 1997, vincitore del premio Pulitzer e tutt'ora testo di riferimento per studiosi e studenti, si intitola non a caso Guns, Germs and Steel.The Fates of Human Societies (Armi, germi e acciaio. Il destino delle società umane, tradotto liberamente in italiano come Armi, acciaio e malattie, Breve storia degli ultimi tredicimila anni), tre termini che segnalano i cardini delle vicende umane: l'invenzione delle armi per uccidere tanto animali quanto nemici, la debolezza umana nei confronti di microbi e virus, e l'uso della tecnologia per poter sempre progredire e migliorare le condizioni di vita.

Le ultime scoperte ci dicono che i primi ominidi, gli australopitechi, dovrebbero essere nati nell'Africa orientale 7 milioni di anni fa. Dall'evoluzione di quei primati e dalle loro successive migrazioni, tracciate grazie ai ritrovamenti e alle analisi del DNA, deriva e può essere ricostruita la storia dell'umanità. Dapprima (si fa per dire, parliamo di blocchi temporali di almeno diecimila anni) i nuovi padroni del mondo migrarono nell'Asia sud-occidentale, poi in Europa, e passate alcune centinaia di migliaia di anni raggiunsero anche l'Asia occidentale, l'Australia e per ultime le Americhe e la Polinesia.

Diamond per tutto il libro usa come riferimento una domanda (che in fondo è la stessa di cui si discuteva prima: "come mai costoro non sono al nostro stesso livello?"), rivoltagli da un indigeno della Nuova Guinea, il paese in cui lo studioso ha svolto la maggior parte delle sue ricerche antropologiche e che ritorna frequentemente nelle sue narrazioni: "Perché sono i bianchi ad avere il potere sul nostro pianeta e non i neri o gli altri?"

Diamond ha scritto questo libro per dare la giusta risposta e, studiando ogni situazione, cercando spiegazioni scientifiche o storiche e utilizzando soprattutto dati climatici, biologici e geografici, l'ha trovata: la base dei diversi sviluppi nella storia dell'umanità è l'ambiente in cui vive.

Nessun lettore, salvo poche eccezioni, potrà entrare nel merito di tutta la mole di dati che Diamond fornisce, legati ad esempio alle coltivazioni primitive, ai fenomeni meteorologici, alla flora e alla fauna di molti diversi territori del pianeta, alle lingue parlate dai popoli, al DNA recuperato e analizzato, alle tecnologie in uso, e alle terribili epidemie scatenate dalle invasioni a fini di conquista, ma ogni lettore potrà intuire la vastità degli studi che questo libro ha richiesto.

L'autore, neo-guineiano adottivo, ci lancia anche qualche frecciata su cui riflettere, giocando sul paradosso per cui le popolazioni meno progredite potrebbero essere, in definitiva, più intelligenti di quelle avanzate. Come dire che la nostra ricchezza, la nostra superiorità, le nostre arroganti presunzioni, si sfaldano davanti a semplici problemi pratici che solo pochi di noi sono in grado di risolvere. La selezione naturale in occidente non funziona da secoli, mentre nei paesi meno fortunati agisce ancora.

Chi sopravviveva alle epidemie, in genere riusciva a trasmettere i propri geni alla prole; è così che oggi gran parte dei nati in Occidente vive abbastanza a lungo da poter lasciare discendenza, senza alcuna pressione selettiva sull’intelligenza e sulla qualità genetica. In Nuova Guinea, invece, si è sempre vissuti in società scarsamente popolate, dove non si diffondevano epidemie, e dove la causa principale di morte era data dagli omicidi, dalle guerre tribali continue, dalla scarsità di cibo e dagli incidenti. È naturale che in un ambiente simile solo i più intelligenti e astuti sopravvivono e si riproducono. La mortalità nelle società europee, invece, aveva poco a che fare con l’intelligenza, e molto con la genetica e la biochimica (ad esempio, i gruppi sanguigni B e 0 sono più resistenti al vaiolo del gruppo A). In altre parole, la selezione naturale in favore dei geni dell’intelligenza dev’essere stata assai più severa in Nuova Guinea che nelle nostre società complesse e sovrappopolate, dove contava soprattutto la chimica. Oltre a questo motivo di natura genetica, un’altra spiegazione della presunta superiorità dei guineani può essere di tipo sociale. I bambini europei e americani passano molto tempo in passiva contemplazione di televisione, radio e cinema: in una casa media americana, la TV è accesa sette ore al giorno. I piccoli guineani, privi di queste opportunità, spendono gran parte della loro giornata a fare: giocano tra loro, parlano con gli adulti e così via. Gli psicologi infantili sanno bene che un bambino deve essere adeguatamente stimolato per sviluppare un’intelligenza normale, e che l’assenza di stimoli può portare addirittura al ritardo mentale; ecco perché, forse, i guineani mostrano in media di avere migliori funzioni mentali degli occidentali.6

Una conclusione, per quanto creata solo come ipotesi provocatoria, che dovrebbe essere riferita ai tanti, troppi, che oggi respingono e detestano l'arrivo tra di noi degli altri, dei meno fortunati, di coloro che in realtà raffigurano lo specchio preciso e infallibile della storia di tutti.

 

Note bibliografiche

[DD] Donatella Di Cesare, Stranieri residenti. Una filosofia della migrazione,
Bollati Boringhieri, Torino, 2017, ISBN-13 978-8833927350 € 19

[ECO] Umberto Eco, Migrazioni e intolleranza 
La nave di Teseo, Milano, 2019, ISBN-13 9788893447799 € 7

Robin Cohen,Migrazioni. Storia illustrata di popoli in movimento
Giunti Editore, Firenze, 2019, ISBN-13 978-8809887558 € 25

Alberto Piazza, Luigi Luca Cavalli-Sforza, Paolo Menozzi, Storia e geografia dei geni umani
Adelphi, Milano, 2000, ISBN 978-8845915888 € 27

[JD] Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie: Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni
Einaudi, Torino, 2014 (1a ed. 1998), ISBN-13 978-8806219222 € 14,00 [Formato Kindle € 6,99]

 

Note al testo con rimando automatico

1 Vedi le note bibliografiche

2 ECO, p. 26

3 ECO, p. 66

4 DD, nell'introduzione

5 Vedi le note bibliografiche

6 JD, posizione 256 nell'ebook