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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
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Artaud e Balthus

Artaud Balthus

Balthus, incredibilmente somigliante ad Artaud, in alcune fotografie si ha difficoltà a distinguerli. I due erano legati da una profonda amicizia e Balthus ha rappresentato per Artaud un vero e proprio “doppio”, come già altri pittori prima e dopo di lui.


Che cosa s’intende per doppio? Immagine speculare lacaniana? Sdoppiamento all’interno del proprio Io?
Oppure, come nella poesia La nuit de décembre di Alfred de Musset, «un malheureux vêtu de noir,qui me ressemblait comme un frère»? Probabilmente la proiezione nel doppio rappresenta un modo di tentare di rimanere in rapporto con la sua immagine speculare, ma per Artaud, il doppio è anche concretamente l’altro, e non solo un altro, ma una piccola schiera di pittori, e con qualche eccezione anche di scrittori, con i quali si è potuto confrontare, in quanto suoi amici, o specchiare in quanto esempi da portare come modello. Quello che si potrebbe ipotizzare, è che la presenza nella mente e nell’anima di Artaud di suoi doppi, con una sofferenza simile alla sua e a volte anche fisicamente somiglianti, abbia rappresentato un modo per indagare se stesso. Dedicare numerosi scritti ai suoi doppi e la scrittura in generale, possono essere considerati come la salvezza di Artaud.

In occasione della mostra di Balthus, in corso alle Scuderie del Quirinale di Roma, ci è sembrato appropriato condividere, per quello che con questo breve testo si è potuto fare, lo sguardo di Artaud sulla pittura di Balthus.

(vedi una breve presentazione della mostra romana nella sezione Visti di AP)

 

1. Il realismo organico di Balthus

L’interesse di Antonin Artaud per la pittura non era nuovo quando nel 1932 incontrò Balthus a Parigi, egli si era dedicato già dagli anni Venti ai Salons parigini, e qualche anno prima, nel 1918, durante il soggiorno nella casa di cura di Neuchâtel in Svizzera, aveva anche iniziato a dipingere. I due instaurarono un rapporto di amicizia, che durò nel tempo. Artaud nel 1934 cominciò a scrivere a proposito della pittura di Balthus in occasione di una sua mostra alla Galerie Pierre.

Balthus peint d’abord des lumières et des formes. C’est par la lumière d’un mur, d’un parquet, d’une chaise et d’un épiderme qu’il nous invite à entrer dans le mystère d’un corps pourvu d’un sexe qui se détache avec toutes ses aspérités. Le nu auquel je pense a quelque chose de sec, de dur, d’exactement rempli, et de cruel aussi, il faut le dire. Il invite à l’amour mais ne dissimule pas ses dangers.1

 

Artaud nel 1935 realizzò una pièceLes Cenci. In essa la pittura e il teatro sono intimamente connessi nell’idea di Teatro della crudeltà artaudiano, anche per questo motivo, i décors saranno curati da Balthus e svolgeranno una funzione comunicativa. Non saranno più muti, né si useranno artifici, il teatro di Artaud vuole essere autentico, fatto con le braccia, i piedi, le mani, gli occhi e i volti degli attori.2 Fondamentale sarà la partecipazione dell’attrice Iya Abdy e la sua collaborazione con Balthus, Artaud dirà che fu un incontro fra due «esseri smisurati»: Abdy fa del suo volto una maschera inumana e Balthus ne ricrea i tratti come solo un primitivo avrebbe dipinto un angelo.3

Fig. 1. Balthus, Lady Abdy, 1935.


In Forsennare il soggettile Jacques Derrida ci spiega come la pittura sia un modello per tutte le arti, essa racchiude, come concepita da Artaud, tutte le caratteristiche alle quali ogni tipologia di arte dovrebbe aspirare.4 Artaud cerca di rivoluzionare il teatro, seguendo l’esempio della pittura, il teatro non è per lui il mero seguire pedissequamente i testi, cosa che può lasciare inerme lo spettatore, ma deve essere travolgente, deve smuovere, deve essere vita, i personaggi devono riuscire a comunicare con i loro gesti, come in pittura si deve andare oltre la rappresentazione.

Oltre, come oltre il surrealismo si è spinta la pittura di Balthus, o come scrive Artaud negli anni del suo soggiorno in Messico, in La Jeune Peinture françaiseet la tradition, pubblicato su «El Nacional» nel 1936: la pittura di Balthus «è una rivoluzione incontestabilmente indirizzata contro il Surrealismo». Dieci anni dopo la sua propria rottura con la corrente surrealista, Artaud sceglie Balthus per illustrare la resistenza al surrealismo e senza dubbio egli difende anche se stesso, difendendo Balthus. Per rivoluzione s’intende un movimento che necessita un ritorno al primitivo, un tornare indietro per poter andare oltre, recuperare la tradizione prerinascimentale, dove la pittura non era meramente descrittiva e dominata dalla psicologia, ma era un mezzo di rivelazione e possedeva una componente misteriosa, esoterica, per Artaud, era una magia.

La peinture est tombée sous la domination anecdotique de la nature et de la psychologie. Elle a cessé d’être un moyen de révélation pour devenir un art de simple représentation descriptive. Elle a perdu cette raison d’être à la fois universelle et secrète qui faisait d’elle, au propre sens du mot, une magie.5

Una tradizione della pittura si è persa con il Rinascimento, afferma Artaud, che utilizza, per difendere Balthus, quanto scritto nel 1931 a Paulhan riguardo i Primitivi italiani e Luca da Leida: loro solamente conoscono ancora i segreti magici delle forme ardenti, della vibrazione della materia, lontani dalla sedicente pittura di Tiziano, Veronese, Rembrandt. L’articolo messicano su Balthus del 1936 riprende la medesima idea: da una parte i pittori come Leonardo da Vinci, Tiziano o Michelangelo, che hanno scelto un formalismo delle apparenze epidermiche, e dall’altro il primitivismo ieratico e sacro di un Cimabue, di un Giotto, che sanno ancora tradurre sulla tela il segreto di una pittura viva, radicato in una «energetica dell’Universo».6

Là où Cimabue cherche à manifester hiératiquement les essences, Paolo Uccello peint la forme avec science; et la forme est encore ardente parce qu’elle est proche de l’essence qui lui a donné naissance. C’est à cette tradition ésotérique et magique que revient un peintre comme Balthus. Le surréalisme lui a servi à clarifier les formes et, sous la convention fixée de ces formes, il lui a permis de découvrir dans l’inconscient de l’homme la vie bruissante des forces nues de l’univers.7

Artaud ammira la pittura di Balthus perché riesce, partendo dal conosciuto, accettando quello che viene dai sensi e dalla ragione, a rifondare l’apparenza. Gli aspetti universalmente riconoscibili dei suoi quadri hanno a loro volta un senso che non è riconoscibile da tutti, scrive Artaud. Nella pittura di Balthus c’è un recupero delle forme dipinte con scienza, come nelle opere di Paolo Uccello. La pittura dei primitivi, rigorosa, con le sue linee e forme, riusciva a manifestare la tradizione pitagorica dei numeri. Questa rivoluzione contro il surrealismo, condotta da Balthus con la sua pittura, vuole dirci che anche non rompendo l’ordine dell’arte primitiva, e attenendosi alla realtà come ci appare, si riesce a toccare il profondo, l’anima dell’uomo, a ridare la sua identità al personaggio dipinto tramite degli elementi semplici come un fiore, un metallo o il legno. Nella recensione della mostra alla Galerie Pierre, Artaud scrive che «attraverso la luce di un muro, di un parquet, di una sedia o di un’epidermide» si riesce ad entrare nel mistero di un corpo. La luce è molto importante nella pittura di Balthus, come i colori e «la sua scienza dello spazio»,8 la personalità del pittore è imposta ai colori e alle forme, quello che vive Balthus lo si ritrova nelle sue opere. La sua pittura assume i toni della sua visione del mondo.

Balthus ne joue pas avec les ocres, les rouges bruns, les terres vertes, le bitume, la noirceur des laques, mais c’est un fait que le monde qu’il voit se maintient dans cette gamme mineure. La couleur amère de Balthus signifie avant tout que la vie de ce temps est amère. Dans ses formes agiles et concentrées à la fois, Balthus clame l’amertume et le désespoir de vivre.9

Nel dipinto di Balthus del 1933, La toilette de Cathy, il personaggio femminile illustra perfettamente quello che Artaud sostiene circa la luce nelle opere del pittore:

On peut dire qu’il y a une couleur, une lumière, une luminosité à la Balthus.

Et la caractéristique de cette luminosité est avant tout d’être invisible. Les objets, lescorps, les visages sont phosphorescents sans que l’on puisse dire d’où vient la lumière.10

 

Fig. 2. Balthus, La toilette de Cathy, 1933.

 

In una lettera del gennaio del 1936, scritta da Artaud all’Avana e indirizzata a Balthus, leggiamo un riferimento al ritratto che quest’ultimo fece di Artaud:

Sul mare ho spesso ripensato a voi e allo schizzo del mio ritratto. Il vostro terribile inconscio ha saputo situarmi esattamente con la debolezza e il disgusto del profilo femminile sinistro che lascia dietro di me un disgustoso passato, con il lato ardente, risvegliato, sentinella dal profilo dritto che si appresta a mangiare il mio avvenire. È molto bello e in più di una sorprendente e segreta somiglianza nello stesso tempo interiore e plastica.11

Queste parole anticipano lo studio del volto umano al quale Artaud dedicherà gli ultimi anni della sua vita. In un testo scritto nel 1947, per presentare le sue opere nel catalogo della mostra che si tenne nel luglio dello stesso anno nella Galerie Pierre, intitolato Le visage humain, Artaud spiega come nei ritratti egli abbia voluto restituire al volto la sua faccia, non nel senso accademico dell’arte, ma scavando, per svelare i segreti celati dietro il volto umano, il quale è un insieme di segni che riconducono ai movimenti dell’anima.

Ce qui veut dire que le visage humain n’a pas encore trouvé sa face et que c’est au peintre à la lui donner. […] Le visage humain porte en effet une espèce de mort perpetuelle sur son visage dont c’est au peintre justement de le sauver en lui rendant ses propres traits.12

Derrida, nel saggio Artaud le Moma, ci mostra chiaramente l’intenzione presente nei ritratti di Artaud. Egli non è interessato al lato estetico del ritratto, non vuole riprodurre un’immagine che sia la copia di un volto, senza raccontare la storia celata dietro quel viso. Artaud vuole far parlare i suoi ritratti, dietro i tratti che ritraggono un volto si deve poter leggere il passato e il futuro della persona in questione. Artaud si scaglia contro la storia dell’arte, la quale non è riuscita a far dire la verità ai volti dipinti, non è riuscita a restituire la faccia al volto, a fargli svelare i segreti, gli enigmi nascosti. Non si tratta di volere rappresentare la verità nel senso accademico dell’arte, ma di voler «restituire la sua verità alla figura umana».13

Eh bien, l’abîme au creux du visage humain, voici ce qu’Artaud veut révéler, rendre et creuser. Révéler dans sa vérité, rendre et creuser à la fois car cette vérité n’est pas donnée, elle attend l’acte, le trait, le coup de graphein.14

 

  

Fig. 3, Ritratto di Antonin Artaud, firmato Balthus, 1935.  Fig. 4, Autoritratto di Artaud, 1947.

 

Nel ritratto di Artaud Balthus è riuscito nell’intento, è riuscito a fare dire al volto il segreto di una vecchia storia umana, parafrasando Artaud.

 

2. Il doppio secolo di Balthus

Nel 1946, Artaud ritorna a scrivere di Balthus in occasione di una mostra alla Galerie des Beaux-Arts di Parigi, Balthus est ce jeune peintre…15 Come osserva Fiorella Bassan nel suo testo Antonin Artaud. Scritti sull’arte,16 Artaud presenta per la prima volta una critica a Balthus, fa intendere che quest’ultimo possiede quella capacità che egli rivendica nel pittore, cioè la possibilità di sondare, di scavare nel corpo per svelarne i segreti, ma non ha ancora terminato questo processo archeologico, Balthus è ancora troppo realista, non ha finito di «strappare questa epidermide che ogni oggetto rinchiude sotto la sua vecchia palpebra incerata».17

In Devant la peinture de Balthus…,18 un altro scritto di Antonin Artaud dedicato a Balthus nel dicembre 1946-gennaio 1947, troviamo dei passaggi che ci portano nuovamente a riflettere sull’aspetto anacronistico della pittura di Balthus:

Pourtant la peinture de Balthus vient d’ailleurs, et ce n’est pas qu’elle rappelle quelque chose, ce n’est pas qu’elle refait, copie, imite ou ressuscite quelque chose, non, elle a été peinte comme par-dessus le temps par un peintre d’une autre époque, état perdu tout à coup accosté par un continent, et qui s’appelle le présent.19

«Una specie di doppio secolo», Balthus riesce con la sua pittura ad andare indietro rimanendo al suo posto, egli, scrive Artaud, appartiene ad una «zona di fecondità effervescente le cui manifestazioni furono troppo forti per la coscienza imbecille del tempo e che non si è accontentata di trascurarle o di dimenticarle ma le ha sotterrate dopo aver loro fatto la guerra per sterminarle».20

 

3. La misère peintre

Je ne sais pas pourquoi la peinture de Balthus sent ainsi la peste, la tempête, les épidémies. Mais elle ramène au jour quelque chose d’une époque électrique de l’histoire, un de ces points où le drame se noue.21

Je ne sais pas pourquoi la peinture de Balthus…,scritto nel 1947, anno in cui Artaud scrive anche Van Gogh le suicidé de la societé, appartiene ad un periodo nel quale Artaud è molto sensibile al tema del dramma nella pittura. Non nel senso del dramma riprodotto graficamente, ma della disperazione di vivere in pittori come van Gogh, Balthus e non ultimo lo stesso Artaud, che plasma la loro pittura, ne fa parte, anche se quello che è rappresentato non è una scena tragica. Infatti la pittura di Balthus sa di peste e di tempeste, dietro la calma apparente essa racchiude in sé qualcosa di più, qualcosa che puzza di tomba, di catacombe, di obitorio, come scrive Artaud. Balthus non ha potuto non portare nelle sue tele lo sconforto e l’infelicità che lo hanno condotto al tentato suicidio.

Celles de Balthus accusent par le degré de leur tonalité, et de leur trempe la plus insolite pathologie, le malheur d’un destin bizarre, qui a déjà provoqué chez lui il y a 11 ans une tentative pénible de suicide, et par le reste l’a infecté pour la vie.22

Esistono diverse versioni dell’articolo che Antonin Artaud scrisse a riguardo della mostra di Balthus alla Galerie des Beaux-Arts di Parigi, tenutasi nel novembre del 1946. Balthus si era lamentato del silenzio della critica, e Artaud gli promise una recensione che scrisse nell’agosto 1947, ma che non fu pubblicata prima del 1983 nel numero 74 della rivista «Art Press» e della quale Balthus non venne mai a conoscenza.23 Questa prima versione dell’articolo, che s’intitola Faits remontant à 1934. La misère peintre,24 lungi dall’essere la canonica recensione di una mostra, ci trasmette fin dalle prime frasi l’intenzione di Artaud di raccontare la vita di Balthus, o meglio, come scrive Évelyne Grossman,25 non si tratta di una narrazione, ma di una mise en espace di una genealogia, intesa nel senso foucaultiano riferito a Nietzsche, cioè come «dissociazione sistematica della nostra identità».26 La scrittura di Artaud ritraccia la genealogia di un corpo eternamente morente e vivo allo stesso tempo, animato da continui oscillamenti, un corpo che sarebbe inscindibilmente quello suo e quello di Balthus. Il corpo è esposto alla defigurazione di sé. Annullamento della figura, sottrazione del corpo alla propria immagine e rinascita della forma che emerge dall’oscurità della materia. Balthus come “doppio” di Artaud, inteso come un continuo movimento fra il sé e l’altro-da-sé inclusi nello stesso corpo. In questa genealogia tracciata di Balthus, si ha dunque la possibilità di guardare Artaud dal profondo del suo passato, il che, come scrive egli stesso, corrisponde a guardarlo guardare Balthus:

Je dois dire que cet article est écrit en ce moment même comme à la loupe, au microscope, de loin, non pas du haut du fond, de l’arrière très-fond et fin-fonds du haut fond du corps de toute la masse d’un canon à haute portée qui peut aussi bien voir,

je dis voir,

et donc voir que bombarder.

On sait ce que c’est le ressac:

ce coup de ressort que la mer elle-même se donne sur ses propres reins.

eh bien, cet article est comme un coup de ressort que je me donnerai moi-même sur moi-même pour me regarder du fond de mon propre passé,

et me regardant regarder

Balthus

BALTHUS

le même Balthus

Balthus

Balthus qui rêve au fond de son propre passé.27

 

Évelyne Grossman, nel suo testo La défiguration,mostra come la scrittura di Artaud sia animata da un continuo ondeggiare, da andirivieni di maree che fingono di porre delle opposizioni e delle ripetizioni ma le quali mirano piuttosto ad imprimere al testo un movimento leggermente nauseante di rollio e risacca.28 L’autrice ci fa notare la molteplicità di espressioni con questo carattere nel testo di Artaud, come «On se sent pauvre de hors et dedans»; «un peintre ni comme par derrière ni dehors et dedans»; «ou c’était toi ou c’était moi»; «de loin, non pas du haut du fond, de l’arrière très-fonds et fin-fonds du haut-fond».29 Una scrittura dal movimento inafferrabile che non può essere compresa da chi vuole stabilirne un senso. Il rimando a Baudelaire, che senza dubbio ha segnato la giovinezza di Artaud, si percepisce soprattutto se si pensa ai punti in comune dell’approccio baudelaireano e artaudiano alla pittura, e ai punti di rottura; l’evoluzione di Artaud, dai resoconti dei Salons degli anni Venti agli scritti della defigurazione, ci mostra ancora una volta una liaison fra il testo scritto e le immagini, fra la poesia e la pittura. Artaud “defigura” le parole, oscilla da ressac a ressort come da sé a Balthus, come dal suo passato a quello di Balthus.

La pittura di Balthus non può essere giudicata senza passare attraverso l’analisi profonda dello sguardo del pittore, sguardo alla vita e alla natura segnato dal suicidio, e dai continui contraccolpi dati da se stesso sui propri reni come fa il mare durante una risacca.

Il faut pour juger Balthus penser à ce coup de ressac de la mer aux équinoxes où toute la nature d’elle-même elle-même se prend aux reins et se regarde dans son train aussi bien avant qu’arrière;
elle prend toute sa matière et la sonde;
et moi j’ai l’impression d’avoir connu et rencontré Balthus, le même Balthus que maintenant.30

 

Il tema dell’oscurità, della morte, accomuna i due pittori, il lato tragico dell’esistenza segna la pittura di Balthus e tutta la produzione artistica di Artaud, dai disegni agli scritti degli ultimi anni. Vita tormentata di entrambi, due volti così somiglianti che appaiano l’uno come doppio dell’altro.

Partout où j’ai voulu dormir,

Partout où j’ai voulu mourir,

Partout où j’ai touché la terre,

Sur ma route est venu s’asseoir

Un malheureux vêtu de noir,

Qui me ressemblait comme un frère.31

 

«Balthus ha ripetuto a sazietà che Artaud fu suo fratello, il suo doppio», scrive Évelyne Grossman.32 In questi versi della poesia La nuit de décembre, de Musset ha espresso in modo commovente, con una nota di rassegnata malinconia, lo stato d’animo che suscita la presenza di un doppio nella propria esistenza. Parlando con la visione, il poeta racconta di essere seguito sempre e ovunque da un’ombra, da un doppio, che gli somiglia come un fratello. Nella poesia di de Musset, il doppio è considerato come sua immagine, come un’altra parte di sé, come scrive Otto Rank nel saggio Il Doppio, l’apparizione del poeta è qui la solitudine, vista come la spiacevole compagnia dell’altro, ma in realtà corrisponde ad un ritrovarsi con il proprio io, oggettivato come doppio.

Possiamo forse estendere e in qualche modo rovesciare questo pensiero alla vicenda di Artaud? Possiamo immaginare che l’energia creatrice del nostro autore, tanto forte, da riuscire ad allontanarlo dal suicidio, sia riuscita nel corso della sua vita a far mutare la sua solitudine, il suo lato oscuro, in una presenza, in un fratello in carne ed ossa? In altre parole, Artaud potrebbe essersi salvato dal rischio di essere anche lui «un suicidato della società» proprio credendo e conservando dentro di sé la presenza dell’altro, altro che come lui ha espresso la sua sofferenza nell’arte? Solitudine intesa quindi, non come spiacevole compagnia dell’altro, ma condivisa con l’altro, con i suoi doppi, che non a caso sembrano essere sempre pittori.

 

Note con rimando automatico al testo

1A. Artaud, Exposition Balthus à la Galerie Pierre (1934), in Œuvres, éd. É. Grossman, Paris, Gallimard, 2004, p. 489; tr. it. mia: Balthus dipinge innanzitutto luci e forme. Grazie alla luce di un muro, di un parquet, di una sedia e di un’epidermide ci invita ad entrare nel mistero di un corpo dotato di un sesso, che spicca con tutte le sue asperità. Il nudo al quale penso ha qualche cosa di secco, di duro, di esattamente riempito e anche di crudele, bisogna dirlo. Invita all’amore ma non ne dissimula i pericoli.

2A. Artaud, Balthus e i surrealisti, a cura di P. Lalario, Torino, Ananke, 2008, p. 58.

3Ivi, p. 59. Citazione di Artaud in Id., Les Cenci, testo-manifesto non pubblicato, cit. p. 43; Id., Le théâtre de la cruauté, intervista di Francia-Rohl, in Œuvres complètes, éd. P. Thévenin, vol. V: Autour du théâtre et son double et des Cenci, Paris, Gallimard, 1979, p. 220.

4J. Derrida, Antonin Artaud. Forsennare il soggettile, Milano, Abscondita, 2005, p. 38.

5A. Artaud, La Jeune Peinture françaiseet la tradition, pubblicato nella rivista «El Nacional» nel giugno 1936; tr. it. mia: La pittura è caduta sotto il dominio aneddotico della natura e della psicologia. Ha smesso di essere un mezzo di rivelazione per diventare un’arte di mera rappresentazione descrittiva. Essa ha perso la propria ragione d’essere universale e segreta che la rendeva, nel vero senso della parola, una magia.

6Ivi; tr. it. mia.

7Ivi; tr. it. mia: Là dove Cimabue cerca di manifestare ieraticamente le essenze, Paolo Uccello dipinge la forma con scienza; e la forma è ancora ardente perché è prossima all’essenza che le ha dato vita. È a questa tradizione esoterica e magica che ritorna un pittore come Balthus. Il surrealismo gli è servito per chiarificare le forme, e sotto la convenzione fissata di queste forme, gli ha permesso di scoprire nell’inconscio dell’uomo la vita palpitante di forze nude dell’Universo.

8Ivi.

9Ivi; tr. it. mia: Balthus non gioca con le tonalità dell’ocra, con i rossi bruni, con le terre verdi, con il bitume, con la nerezza delle lacche, ma è un dato di fatto che il mondo che egli vede permane in questa gamma minore. Il colore amaro di Balthus significa in primo luogo che la vita di questo tempo è amara. Nelle sue forme, allo stesso tempo, agili e concentrate, Balthus invoca l’amarezza e la disperazione di vivere.

10Ivi;tr. it. mia: Possiamo dire che c’è un colore, una luce, una luminosità alla Balthus. E la caratteristica di questa luminosità è prima di tutto quella di essere invisibile. Gli oggetti, i corpi, i volti sono fosforescenti senza che si possa dire da dove venga la luce.

11A. Artaud, Balthus e i surrealisti, cit., p. 82.

12A. Artaud, Le Visage Humain (1947), in Œuvres,cit., pp. 1534-1536; tr. it. mia: Il che significa che il volto umano non ha ancora trovato la sua faccia e che sta al pittore dargliela. […] Il volto umano porta in effetti una specie di morte perpetua sul suo volto che sta proprio al pittore salvare rendendogli i suoi propri tratti.

13J. Derrida, Artaud le Moma, Paris, Éditions Galilée, 2002, p. 59; tr. it. Artaud le Moma, in «Rivista di estetica», XXXVI, 1996, 3, p. 25.

14Ivi, p. 60; tr. it.: Ed è proprio l’abisso del volto umano ciò che Artaud vuole scoprire, svelare, scavare. Svelare nella sua verità, scoprire, e insieme scavare, approfondire, dato che questa verità non è data, ma attende il gesto, il tratto, il colpo del graphein.

15A. Artaud, Balthus est ce jeune peintre, 27-28 novembre 1946, in Œuvres complètes, vol. XXIV: Cahiers du retour à Paris: octobre-novembre 1946, Paris, Gallimard, 1988, p. 375; tr. it. in A. Artaud, Balthus e i surrealisti, cit., pp. 88-89.

16Fiorella Bassan, Antonin Artaud. Scritti sull’arte, Milano-Udine, Mimesis, 2013, p. 71-72.

17Ibid. Citazione di Artaud in Balthus est ce jeune peintre.

18A. Artaud, Devant la peinture de Balthus…, dicembre 1946-gennaio 1947, Cahier 197, in Œuvres complètes, vol. XXV: Cahiers du retour à Paris: décembre 1946-janvier 1947, Paris, Gallimard, 1990, pp. 33-35; tr. it. in A. Artaud, Balthus e i surrealisti, cit., pp. 90-92.

19Ibid. Eppure la pittura di Balthus viene da altrove, non è che ricordi qualcosa, non è che essa rifaccia, copi, imiti o risusciti qualcosa, no, essa è stata dipinta come al di sopra del tempo da un pittore di un’altra epoca, stato perduto di colpo accostato ad un continente che si chiama presente.

20Ibid.

21A. Artaud, Je ne sais pas pourquoi la peinture de Balthus (1947), in Œuvres, cit., pp. 1465-1466; tr. it. mia: Non so come mai la pittura di Balthus sappia così di peste, di tempesta, di epidemie. Ma essa riporta alla luce qualche cosa di un’epoca elettrica della storia, uno di quei punti in cui si concentra il dramma.

22Ibid.; tr. it. mia: Quelle di Balthus accusano, dal grado della loro tonalità e della loro tempra, la più insolita delle patologie, il disastro di un destino bizzarro, il quale ha già provocato in lui, 11 anni fa, un doloroso tentativo di suicidio e l’ha infettato per tutta la vita.

23Virginie Monnier, in una comunicazione personale con Balthus, lo interrogò a questo proposito, e quest’ultimo le disse di non aver mai letto la recensione di Artaud.

24Questo testo non è stato pubblicato da Paule Thévenin nelle Œuvres complètes né da Évelyne Grossman in Œuvres perché non hanno avuto il consenso dal nipote di Artaud. Una copia dell’originale forse la possiede Virginie Monnier, ma per ragioni legali non può essere pubblicata. Ne possiamo leggere una versione nella rivista «Art Press» dell’ottobre 1983 (acquistabile online presso il sito della rivista). Queste informazioni sono frutto di una mia corrispondenza con Évelyne Grossman.

25É. GrossmanLa défiguration. Artaud-Beckett-Michaux, Paris,Les éditions de Minuit, 2004, p. 42.

26Michel FoucaultNietzsche, la généalogie, l’histoire (1971), in Dits et Ecrits I: 1954-1975, Paris, Gallimard, 2001, p. 1022; tr. it. mia.

27A. ArtaudFaits remontant à 1934. La misère peintre, cfr. la nota 24, p. 6; tr. it. mia: Devo dire che questo articolo è scritto in questo momento come sotto lente d’ingrandimento, da lontano, non dal bassofondo, dallo sfondo, dallo sprofondo del bassofondo del corpo di tutta la massa di un cannone di alta gamma che può anche ben vedere, / dico vedere, / e dunque vedere cosa bombardare. / Sappiamo cos’è la risacca: / questo contraccolpo [coup de ressort] che il mare stesso si dà sui propri stessi reni. Ebbene, quest’articolo è come un contraccolpo che mi darò io stesso su me stesso per guardare dal profondo del mio proprio passato e guardandomi guardare / Balthus / BALTHUS / lo stesso Balthus / Balthus / Balthus che sogna dal profondo del suo proprio passato.

28É. GrossmanLa défiguration. Artaud-Beckett-Michaux, cit., p. 44.

29Ibid.;tr. it. mia: «Ci si sente poveri fuori e dentro»; «un pittore né come da dietro né come da davanti» «o eri tu o ero io»; «da lontano, non dal bassofondo, dallo sfondo, dallo sprofondo del bassofondo».

30A. ArtaudFaits remontant à 1934. La misère peintre, cfr. la nota 24, p. 6; tr. it. mia: Bisogna per giudicare Balthus pensare a questo colpo della risacca [non più coup de ressort ma de ressac] del mare degli equinozi dove tutta la natura stessa, da essa stessa si prende dai reni e si guarda nel suo mentre allo stesso modo davanti che dietro, prende tutta la sua materia e la sonda, ed io ho l’impressione di aver conosciuto e incontrato Balthus, lo stesso Balthus di adesso.

31A. de MussetLa nuit de décembre, poesia citata in O. Rank, Il Doppio. Il significato del sosia nella letteratura e nel folklore, 1914, Milano, Sugarco Edizioni, 1987; tr. it. mia: Ovunque io abbia voluto dormire, / ovunque io abbia voluto morire, / ovunque io abbia voluto toccare la terra, / sulla mia strada è venuto a sedersi / un infelice vestito di nero, / che mi assomigliava come un fratello.

32É. GrossmanLa défiguration. Artaud-Beckett-Michaux, cit., p. 26; tr. it. mia.