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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
La direzione di Azioni Parallele dal 2014 al 2020 era composta da
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Costantino Avanzi, Lenin e la dialettica. Teoria e prassi di un metodo rivoluzionario

 

 

 

 

Costantino Avanzi

Lenin e la dialettica

Teoria e prassi di un metodo rivoluzionario

 

Mimesis, Milano-Udine, 2020,
ISBN-13: 978-8857563688, € 28







In un corposo volume di oltre 300 pagine, Costantino Avanzi affronta un argomento controcorrente, anacronistico ad opinione di molti, in tempi di post-comunismo e di conclamata egemonia del neoliberismo: il valore della dialettica nel pensiero e nell’opera politica dell’artefice della Rivoluzione socialista d’Ottobre, Vladimir Ilic Ulianov Lenin. L’uscita stessa di questo volume dedicato ad un personaggio chiave della storia del Novecento, il secolo che non finisce, segnala la possibilità di un’articolazione diversa della riflessione sul presente e sulla dimensione storica del suo sviluppo. Dopo i saggi di G.Lukács, più volte richiamato nel testo, e quelli di A. Negri (1973) e quello più recente (2017) di S. Žižek, che si muovono su linee teoriche e un approccio metodologico molto diverso, Avanzi affronta la polpa della filosofia e del metodo rivoluzionario di Lenin: la dialettica. La dialettica si presenta non soltanto come la logica rivoluzionaria del marxismo in quanto materialismo dialettico, essa è la chiave di comprensione degli avvenimenti e della lotta politica e del metodo della prassi rivoluzionaria e viene ricostruita nel volume attraverso un’attenta disamina del suo ruolo nella preparazione e nella realizzazione della Rivoluzione d’ottobre e nei problemi di costruzione del socialismo dopo la rivoluzione. Le avventure della dialettica nella politica leninista suggeriscono dunque un orizzonte di discussione intorno alle dinamiche reali della storia del comunismo. Come segnala E. Alessandroni nell’Introduzione al volume esso si misura sulle contraddizioni reali che il processo rivoluzionario e la costruzione del socialismo produce e sul metodo di trattarle cogliendo le articolazioni reali dei conflitti sociali e la logica nascosta del “determinismo dialettico” delle contraddizioni da parte di Lenin:

“Oltre a costituire un’arguta ricostruzione storico-filo­sofica degli avvenimenti culturali e politici che hanno determinato la maturazione di Lenin e che hanno contraddistinto il processo ri­voluzionario imperniato sull’Ottobre, il volume di Avanzi fornisce al lettore una serie di coordinate teoriche che si muovono nella dire­zione sovraesposta.” (p.18)

Bisogna prima di tutto comprendere e saper gestire il principio dialettico della compenetrazione degli opposti, per il quale la rivoluzione socialista è l’antitesi del capitalismo ma può incorporare elementi di esso per scongiurare la sua sconfitta (come è avvenuto nel periodo della NEP di Lenin in URSS). La comprensione della realtà che si vuole trasformare e il riconoscimento della necessità e di un determinismo (dialettico, non meccanicistico) non esclude il ruolo della soggettività, che appartiene dunque al patrimonio teorico che caratterizza il leninismo. Il volume acquista così, sia per la rivendicazione della dialettica come logica dei processi rivoluzionari, sia per l’approfondimento della dimensione della “compenetrazione degli opposti” all’interno di essa, un significato non soltanto filosofico ma programmatico. L’imprescindibilità della dialettica è affermata già dai fondatori del socialismo scientifico:

“Prassi, processo, conflitto, contraddizione diventa­no categorie per cogliere quella che Hegel aveva definito totalità concreta. Marx ed Engels dunque, pur nella preoccupazione di non passare per hegeliani, si sforzano in realtà di recuperare il metodo, ridefinendone il quadro logico-storico.” (p. 23) 

Questa convinzione marxiana accompagna la stesura dei primi scritti importanti e il lavoro di critica dell’economia politica, con l’acquisizione del concreto reale quale risultato di una mediazione. Tale riflessione marxiana ha riscontri nella riflessione di Lenin in Quaderni filosofici, ove si riconosce la dialettica di Hegel come la forma fondamentale [Grundform] di ogni dialettica. Ma questo riconoscimento del debito verso Hegel è già presente già nelle opere di Marx ed Engels e viene sostanzialmente rigettato nella socialdemocrazia tedesca e dal revisionismo di Bernstein, influenzati dal positivismo e dal neokantismo e alieni dalla dialettica. Queste posizioni sul problema della dialettica vengono puntualmente ricostruite e raffrontate a quelle di Plechanov e alla critica di Lenin. La focalizzazione sull’intreccio tra il pensiero e la pratica e l’iniziazione alla dialettica di Lenin occupa i paragrafi 3 e 4 (pp.64-90) del cap. 1che fungono da preludio alla più ampia trattazione del cap. 2. L’idea del marxismo quale “logica obiettiva” dei cambiamenti storici in Lenin si presenta così arricchita dell’analisi concreta della realtà della Russia zarista e messa alla prova nella soluzione dei problemi di organizzazione del movimento operaio e socialista, con una ricaduta pratica positiva. I compiti pratici quali l’abbattimento dello zarismo necessitano di una teoria rivoluzionari adeguata:

“La dialettica lega i concetti di teoria e di prassi in termini differenti rispetto al passa­to, istituendo un principio di verificazione che sottrae la teoria alla sua astrattezza (è astratta una teoria che non determina mutamento reale) e la prassi a un procedere cieco, poiché tale prassi di quella teoria è l’espressione” (p.75).

L’articolazione tra riflessione teorica, polemica politica e analisi socio-economica dei rapporti di classe in Lenin viene puntualmente ricostruita a partire dagli scritti precedenti la Rivoluzione d’Ottobre, che testimoniano un’elaborazione critica e lo sviluppo costante della teoria rivoluzionaria con il rifiuto di ogni eclettismo ed empirismo metodologico. Nel cap. 2 viene affrontata la critica di Lenin al revisionismo che diventa critica politica al riformismo e alle concessioni al colonialismo fatte da una parte del movimento socialista, compromesso con il socialimperialismo. La critica di tali tesi condotta da Lenin sulla base della dialettica marxista colpisce così l’economicismo, l’anarchismo e, in filosofia, l’empiriocriticismo, tutte posizioni che derogano dalla centralità del carattere concreto delle contraddizioni dialettiche e del rapporto di unità tra pensare ed essere, prendendo direzioni deterministiche, spontaneistiche, individualistiche, astratte, soggettivistiche. L’empiriocriticismo soprattutto, diffuso tra un gruppo di esponenti del socialismo russo, è oggetto della critica leniniana in Materalismo ed empiriocriticismo e costituisce un problema politico da risolvere per garantire l’unità ideologica del partito, minacciata dalle deviazioni degli empiriocriticisti. Soltanto nei Quaderni filosofici però è possibile attingere l’appropriazione dei fondamenti della dialettica da parte di Lenin.

L’esposizione della Scienza della logica, in ogni caso, lo colpisce in molti luoghi per la profondità di pensiero – che diventa ai suoi occhi talora vero e proprio mate­rialismo – e per il realismo con cui Hegel è riuscito a cogliere le leggi del movimento della storia, della società e della natura.” (p. 152). 

L’A. sottolinea l’importanza dei Quaderni filosofici per una lettura materialistica di Hegel che consenta di riappropriarsi della dialettica e di criticare le posizioni revisionistiche e socialdemocratiche di matrice secondinternazionalista. Lenin ricostruisce, commentando Hegel, i molteplici caratteri della dialettica che rimandano sempre alla centralità dell’unità degli opposti. La stessa dialettica giustifica la teoria gnoseologica del rispecchiamento, che si attua nel movimento delle contraddizioni dialettiche. L’A. conclude che “le glosse [di Lenin] alla Scienza della logica costituisco­no il primo serio confronto con Hegel e un salto di qualità anche nell’approccio ai testi marxiani” (p.160).

Nel cap. 3 viene esaminata l’attività pratica e politica di Lenin, nella quale la dialettica svolge un ruolo essenziale. Essa consente di non affidarsi alla spontaneità del movimento ma di elevarla a coscienza di classe che si conquista nel corso della lotta, attraverso il ruolo della teoria, della disciplina e dell’organizzazione di partito. La dialettica consente di criticare le posizioni arretrate della borghesia e di studiare i rapporti di classe, le fasi politiche che si attraversano, le illusioni del parlamentarismo, così da avviare il processo rivoluzionario. L’analisi concerta dei rapporti di classe e dei rapporti tra partiti impegna la critica delle posizioni riformistiche come di quelle estremistiche e fonda la teoria del processo rivoluzionario su basi materialistiche e dialettiche, concentrandosi sull’indagine intorno alla natura dello Stato e alla necessità di spezzarlo per sostituirlo con la dittatura del proletariato, che inaugura la fase del socialismo come fase di transizione, cui segue il comunismo e l’estinzione dello Stato come macchina burocratica e repressiva. La diversa situazione storica indica la strada da seguire:

“A differenza di Marx ed En­gels è Lenin a conferire maggior valore al terreno istituzionale, fornendo tramite la costruzione socialista dello Stato uno sbocco costruttivo alla lotta contro il potere borghese e mirando a una stabilizzazione politica delle conquiste conseguite dalle classi op­presse” (p. 223).

Lenin usa il metodo dialettico per affrontare anche la questione dello Stato e del potere nel periodo della Rivoluzione d’ottobre. La stessa teoria del socialismo in un solo paese, poi codificata da Stalin nelle sue Questioni del leninismo, è, secondo l’A., il risultato dell’analisi concreta delle condizioni e delle possibilità della transizione socialista sotto il dominio del proletariato.

“Il socialismo, per nove decimi, è superamento dialettico della società borghese, non abolizione di ogni traccia di quel sistema, che qualche merito conserva, secondo Lenin, e di cui dunque è inutile privarsi. Nessuna eliminazione dello Stato. A Lenin, alla sua impo­stazione dialettica saldamente ancorata a un robusto realismo sto­rico e politico, va riconosciuto il merito di aver messo in evidenza il legame che il socialismo non può che conservare, nella sua fase di formazione, con la precedente società capitalistica. (p. 234)

Si tratta dello stesso realismo dialettico che informa l’analisi leniniana del rapporto tra movimento di liberazione nazionale e internazionalismo, che si pone in antitesi all’oppressione e al dominio imperialistico. Nella fase successiva alla presa del potere da parte dei bolscevichi, questo metodo suggerisce la necessità prima di sottoscrivere il trattato di pace, oneroso per la neonata federazione socialista sovietica ma necessario per la sua sopravvivenza, poi, nel periodo successivo, la scelta del capitalismo di Stato e successivamente della NEP per rispondere alla situazione economica ereditata dalla guerra civile:

“Varata al X congresso del partito nel marzo 1921, la NEP non costituisce solamente un modo per “correggere” errori, ma il frutto stesso di una visione dialettica della storia. A partire dal 1918 si tenta (o meglio si pensa) il passaggio al comunismo, reso in realtà impossibile dalla disastrosa situazione economica.” (p.285).

L’A. si sofferma su tali passaggi, con numerosi riferimenti alla documentazione storica e una precisa ricognizione dell’analisi che Lenin e del gruppo dirigente bolscevico compiono nell’adottare le scelte necessarie e affrontare i “problemi che impegnano profondamente Lenin, in cerca di so­luzioni non solo nella sua qualità di teorico, ma anche, costretto dalla drammatica realtà della Russia successiva all’ottobre 1917, di dirigente politico” (p. 272).

Il metodo e l’esperienza reale di Lenin nella Rivoluzione d’Ottobre diventano dunque una necessaria componente del marxismo e una risorsa indispensabile ad una ripresa possibile dell’istanza comunista:

“Se ci si propone una discussione sul comunismo in quanto pro­getto politico, ma anche sul marxismo in quanto sua cornice teori­ca, occorre premettere che ogni sguardo retrospettivo diretto verso Marx rischia di rimanere un’operazione esclusivamente intellettua­le o dottrinaria se prescinde dalla Rivoluzione d’ottobre e dal socia­lismo reale, come anche dal contributo di Lenin.” (p.290).

Viene formulato così un giudizio di riabilitazione dell’esperienza del socialismo reale e di critica delle versioni utopistiche del pensiero politico:

“Se il socialismo reale è stato spesso respinto in quanto non era comunismo, oppure era una sua degenerazione burocratica o il regno di una uguaglianza senza libertà, è perché si è sempre preteso che il comunismo assomigliasse a una sorta di discesa del paradiso in terra” (p. 291).

Il testo ripropone pertanto non l’adozione formalistica al pensiero e all’azione di Lenin, ma l’appropriazione della sua logica e dell’atteggiamento caratterizzante l’approccio ai problemi della trasformazione della realtà su cui si riflette:

“Se si accettano il conflitto come momento og­gettivo dello scontro sociale e la necessità di lottare per un supera­mento non utopistico del capitalismo, è allora necessario recuperare non solo i principi generali e le categorie della teoria marx-engel­siana, ma anche l’elaborazione che ne ha fatto Lenin. La dialettica – strumento di analisi e di orientamento sia teorico che politico – può costituire oggi, come allora, una chiave di lettura efficace per rilanciare un’analisi e un progetto di lotta contro l’oppressione”. (p. 309).