Art Spiegelman, Maus

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Art Spiegelman

Maus

Racconto di un sopravvisuto

 

Trad. Cristina Previtali

Einaudi, Torino, 2019 (1a ed. 1973), pp. 292,
€ 20,00, 
ISBN 9788806202347 

 

 

 

Art Spiegelman è il fumettista USA conosciuto specialmente per essere l’autore di Maus, il primo fumetto a vincere un premio Pulitzer, nel 1992. È ambientato durante la seconda guerra mondiale e gli ebrei sono rappresentati come topi mentre i nazisti come gatti. È un libro che ha avuto un enorme successo di pubblico e di critica e probabilmente resterà nei libri di storia della letteratura. Tale racconto autobiografico - quasi certamente il primo “graphic novel” sul tema dell'Olocausto - narra la storia vera della famiglia di Spiegelman, in particolare di suo padre.

Spiegelman impiegò più di vent’anni a scrivere e disegnare Maus. Prima di essere pubblicato in forma di libro, il fumetto comparve a puntate sulla rivista Raw, fondata dallo stesso autore e da sua moglie Françoise Mouly, dal 1993 art editor del New Yorker. Spiegelman aveva cominciato a lavorare a Maus fin dai primi anni Settanta, intervistando suo padre Vladek, ebreo di origine polacca, sulla storia della propria vita.

Il volume, brillantemente tradotto per Einaudi daCristina Previtali, è diviso in due parti: la prima s'intitola Mio padre sanguina storia e illustra la vita di Vladek e Anja Spiegelman, i genitori di Spiegelman, prima di finire ad Auschwitz; la seconda si intitola E qui sono cominciati i miei guai e tratta degli anni successivi, descrivendo la grama esistenza all’interno del lager. Alle parti ambientate negli anni Trenta e Quaranta comunque si alternano quelle poste nel presente, in cui lo stesso Spiegelman è uno dei personaggi e parla con suo padre per farsi raccontare la sua vicenda.

In tutte le parti del fumetto i volti dei personaggi hanno fattezze animali: oltre agli ebrei-topi e ai tedeschi-gatti, ci sono i maiali-polacchi e le rane-francesi. Spiegelman decise di rappresentare gli ebrei come topi per via di alcune rappresentazioni del nazismo. La metafora è utile in diverse occasioni; per esempio, nella parte di Maus in cui Vladek cerca di farsi passare per polacco, indossa una maschera da maiale sopra il suo volto da topo.

Al centro della storia di Maus c’è ovviamente l’esperienza di sopravvissuto all’Olocausto di Vladek Spiegelman, ma anche il rapporto tra lui e il figlio – non buono all’inizio della storia – ha molto spazio. Spiegelman riflette molto anche su cosa comporta l’essere figlio di due sopravvissuti all’Olocausto, mostrando in che modo un’esperienza che non ha vissuto direttamente abbia avuto grandi conseguenze sulla sua vita. In un momento abbastanza importante del libro il padre si rivolge a lui chiamandolo Richieu, il nome del suo primo figlio, morto durante la guerra e mai conosciuto da Spiegelman.

Maus, insomma, è uno dei grandi capolavori dell'arte grafica mondiale, una vicenda individuale e, al contempo, di grande respiro universale, emozionante e struggente come un memoriale di Primo Levi o Elia Wiesel, che non lascerà indifferenti nemmeno i lettori più cinici e smaliziati.