Peter Kuon e Enrica Rigamonti, Narrarsi per ritrovarsi.

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Peter Kuon,
Enrica Rigamonti
(a cura di)

Narrarsi per ritrovarsi.

Pratiche autobiografiche nelle esperienze di migrazione, esilio, deportazione

 

in collaborazione con Monica Bandella e Daniela Baehr

 

Firenze, Franco Cesati Editore, 2016

pp. 256, ISBN 978-88-7667-581-2, € 25.00

 

 

 

 

Il libro curato da Peter Kuon e Enrica Rigamonti nasce dalla raccolta dei lavori presentati all’Università degli Studi di Bari per il XXI Congresso Internazionale dell’AIPI nella sessione “Est-Ovest / Nord-Sud, Frontiere, passaggi, incontri culturali”.1 Fa riflettere e fa pensare al tema di Autrement qu’être ou au-delà de l’essence di Emmanuel Levinas, pertanto sentiamo la necessità di uscire dall’Io egoistico per incontrare l’Altro, così diverso da noi. A tale proposito credo che non sia necessario rinunciare a se stessi per fare il primo passo verso il processo di sincretismo culturale, abbandonando le ansie e le paure per la diversità.

I saggi riuniti nel volume trattano temi noti e discussi quotidianamente in ambito sociologico e letterario: interculturalità, sincretismo culturale e religioso, l’incontro con l’altro; storie di uomini e di donne in viaggio verso luoghi ignoti, in cerca della propria identità perduta, nell’ansia della scoperta di una nuova “America”, che simboleggia la terra sconosciuta tanto desiderata per il salto di qualità, o per sopravvivere a condizioni di vita al limite nel paese d’origine. In questo contesto, vi sono due situazioni diverse affrontate nel libro: l’allontanamento e la separazione dall’ambiente familiare e dalla propria terra, decisa dall’emigrante nell’era contemporanea, e la deportazione dell’ultima guerra mondiale, come trasferimento forzato contro la volontà della persona; nel primo caso si racconta l’entusiasmo e il sentimento positivo che crea il benessere iniziale, l’attesa e la speranza per il futuro, nel secondo caso si narra la sofferenza dell’esperienza della deportazione come azione forzata da parte di “macchine umane” che non posso definire esseri viventi, in quanto sono solo poveri automi di carta. Questa è la prima impressione che ho avuto leggendo il libro pubblicato dalla Cesati Editore, casa editrice attiva da numerosi anni nella saggistica, linguistica e nella letteratura.

Gli autori del libro riflettono sui temi dell’accoglienza, integrazione e naturalizzazione in uno Stato diverso dal Paese di origine, sull’autobiografia come ricerca della propria identità in un esilio intimista voluto e consapevole per scelta.

Nella terza parte del volume gli argomenti oggetto di riflessione sono la deportazione e l’annullamento dell’individuo. E qui credo che la testimonianza dei sopravvissuti riporti l’essere umano alla sua essenza reale, quella dell’anima che parla ai posteri, comunicando l’orrore del lager nazista di Auschwitz-Birkenau; nasce allora nel lettore il desiderio di estraniarsi da tanto orrore per l’effetto provato, perché esiste ancora in chi legge la capacità di emozionarsi e di provare dolore. Ma la memoria storica del passato non può essere occultata, “confondendola con il fumo del lager”, parafrasando l’espressione di Angela Fabris a proposito del romanzo Fumo di Birkenau, scritto da Liana Millu (1947). È impossibile dimenticare l’atroce esperienza dei deportati se pensiamo alla terribile soluzione finale che li attende: l’olocausto. Il grido di dolore si avverte attraverso le storie scritte nei romanzi di numerosi testimoni sopravvissuti all’internamento nazista e sfuggiti alla morte. In questo caso il merito del ricercatore è riportare alla luce la loro voce, altrimenti rinchiusa nell’oblio del tempo e nell’indifferenza.

Noi non restiamo impassibili, non cerchiamo di ignorare il male, vogliamo che il dolore diventi catartico e perché solo così potremo uscire di nuovo fuori dalla nostra casa per vedere e godere una bella giornata di sole, solo così ognuno potrà pensare a un futuro migliore senza la rabbia distruttiva, senza l’odio, senza la violenza.

Mi pare opportuno ricordare anche il secondo tema, emigrazione, spesso relegato oggi all’idea stereotipata dell’emigrazione meridionale e considerata come l’unica esistente dall’opinione pubblica, anche se la storia e le statistiche provano il contrario: l’emigrazione italiana più massiccia è avvenuta nelle regioni del nord alla fine dell’Ottocento, con un esodo lento e silenzioso, tuttora ignorato per una questione di convenienza. A tale proposito ritengo interessante citare un piccolo brano scritto da Alfredo Cusano nel lontano 1911. 

Furono queste le impressioni che provarono, valicando l’oceano, quei poveri esseri che si pigiavano, si rannicchiavano, 36 anni or sono, a bordo di quel modesto veliero, che, per la prima volta, dirigeva la prora verso il Brasile? Oh! Non si sbaglierebbe, certo, affermando che furono ben più dolorose, ben più tristi! Perché essi partivano completamente ignari, non avendo neanche il conforto dell’esempio. Né un parente, né un amico, fino allora si era mai recato dove loro andavano. Essi erano i primi!2 

L’ignoto che appariva all’orizzonte era scoperto gradualmente come accade ai personaggi citati in Narrarsi per ritrovarsi. Se è un futuro di morte, si spegnerà rapidamente come per i deportati nei campi nazisti, ma se è il nuovo mondo della ricca Europa visitato dagli emigranti del 2018, sarà come un sogno, perché il benessere potrà essere sfiorato, ma non potrà mai essere posseduto completamente; pertanto gli attuali emigranti nord-africani sono i viaggiatori del mondo come gli esploratori dell’Italia e dell’Europa dei secoli passati. Potranno vedere il nostro stile di vita, tentare di imitarlo, ma non potranno possederlo, perché il potere del denaro divide, separa gli uomini, non permette l’uguaglianza, non garantisce l’inizio di una nuova vita tranquilla e serena, e sicuramente non regala la felicità. Appartiene e apparterrà a pochi e noi stiamo ancora scrivendo la nuova fase della nostra storia, stiamo ancora vedendo i movimenti delle folle in viaggio che ci sconcertano e ci sorprendono.

Questa nostra storia che racconta il passato e il presente, attraverso le testimonianze e le fonti, è la storia che molti vorrebbero cancellare, perché è scomoda per gli inventori contemporanei delle ideologie oscure, ebbene questa nostra storia non può essere ignorata, ritornerà sempre davanti a noi, ricomparirà intatta anche di fronte alle mistificazioni continue a cui assistiamo, e i posteri, un giorno, ci giudicheranno. La verità è inconfutabile e nessuno potrà mai occultarla.

 

Note al testo

1 L’evento, organizzato dall’Associazione Internazionale dei Professori di Italiano (A.I.P.I.) si è svolto tra il 27 e il 30 agosto 2014.

2 A. Cusano, Italia d’oltre mare. Impressioni e ricordi dei miei cinque anni di Brasile, Milano, Reggiani, 1911, p. 8.