Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ovvero il doppio infranto nei labirinti dell’inconscio

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Gennaro Duccilli

Ciò che colpisce in questa versione teatrale da “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” - rappresentata presso il Teatro Artemisio Gian Maria Volonté di Velletri il 24 aprile scorso in prima nazionale, con il tutto esaurito, per la regia di Gennaro Duccilli e con le scene di Sergio Gotti - è la luce chiaroscurale, ossia l’oscillazione ambigua dell’oscurità e della luce, della prima che sovrasta e annienta la seconda, al punto che lo spazio scenico raffigurante la Londra di fine ottocento tende progressivamente a chiudersi e a restringersi inghiottito in atmosfere rarefatte e claustrofobiche.

 

Quello del doppio è il grande tema della letteratura europea moderna (da H.C. Andersen a H.Melville, da E.A.Poe a R.L.Stevenson, da L. Pirandello ad A.Artaud) e qualsiasi adattamento teatrale del doppio, assai più che in quello cinematografico, si posiziona nel cuore traumatico del non detto in quanto raddoppia il lavoro degli attori e degli spettatori: il corpo doppio, l’altro, il duplicato, l’antitesi del bene che è il male resisterà o si cancellerà?

Il dottor Henry Jekyll è un professore emerito, la sua vita è dedicata alla ricerca scientifica ed ai poveri. Il suo comportamento è irreprensibile perchè rifugge il vizio e la licenziosità. Un giorno Jekyll si domanda se sia possibile scindere la personalità dell’uomo fra bene e male, far sì che al pari di due individui contrapposti, ambedue convivano; l’idea lo tormenta fino alla scoperta che ciò è possibile tramite una pozione, di cui però Jekyll ignora le tragiche conseguenze. Il focus di questo testo immenso riguarda la metamorfosi di Jekyll, che prende le sembianze del perturbante Edward Hyde che si aggira nelle bettole della Londra vittoriana, cercando di soddisfare vizi e compiendo efferatezze di vario genere mentre entra ed esce dal laboratorio del dottor Jekyll.

 

La regia cupa e drammatica di Gennaro Duccilli, che è anche lo strepitoso interprete del personaggio-duale (Jekyll/Hyde) non lascia spiraglio alcuno allo spettatore costretto a misurarsi con la scena e i suoi doppi. Doppio, doppi, co-presenze e co-esistenze che afferrano alla gola lo spettatore, come gli infusi afferrano alla gola Mr.Hyde nel processo patologico ed eversivo delle sue trasformazioni. Gennaro DuccilliLa scelta del regista-autore di non caricare di trucchi la figura del doppio Hyde rende in maniera efficace anche dal punto di vista del linguaggio scenico l’ambiguità mortifera del vivere, e del suo celarsi dietro un'apparente normalità in un gioco di inteferenze e confluenze che le superlative scenografie di Sergio Gotti visualizzano fino al parossismo e alla provocazione. Il (doppio) sopra (la casa borghese di Jekyll e la sordida taverna) da un lato e il sotto dall’altro (lo studio degli infusi e delle trasformazioni con doppio ingresso e uscita) separati da una scala centrale, raffigurano la vibrante alterità dell’inconscio ma anche la messa in scena straniante che la forma teatro vuole per sé. L’Unheimlich ossia il perturbante freudiano che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare, abita in ciascuno di noi, un noi, un io sempre sdoppiato e diviso che si lacera nei labirinti del nostro suolo/sottosuolo, ossia del nostro doppio, o dei doppi generativi ed inesauribili.

Soltanto l’inappuntabile e devoto cameriere del dottor Jekylll (interpretato da un intenso Antonio Lo Corriere) e il compassato avvocato Utterson (un bravissimo Paolo Ricchi) sembrano interrompere la spirale raggelante e umbratile di questo spettacolo che si apre all’insegna di una feconda contaminazione, quella di Jack lo squartatore che uccide le sue vittime, per lo più prostitute, nello spazio antistante il bassofondo vittoriano. E’ la scena più palesamente simbolica, affermata e negata, causando una doppia incrinazione dello spettatore, che guarda nello scarto l’azione parallela ossia un supplemento topografico e topologico della finzione: nei primi giorni dell’agosto 1888 va in scena, per la prima volta a Londra, la riduzione teatrale di Dr. Jekyll e Mr.Hyde, mentre in quella stessa notte si consuma il primo assassinio di Jack lo squartatore.

Ecco la chiave forse dello spettacolo: del doppio e della morte che prende possesso non solo di Hyde ma di tutta la città di Londra. Hyde/Jack/Jekyll sono uomini o doppi, o proiezioni di sogni efferati nella notte artificiale della finzione o delle pulsioni, dei desideri, delle manie lacerate e scompigliate come la chioma di Hyde che giacciono fertili nella finzione?

Gennaro Duccili in questi suoi ruoli duri ed estremi, soprattutto dopo il suo Caligola, ci ha abituati da tempo a guardare il teatro non come mimesi naturalistica, ma come un agglomerato di materiali che restituiscono alla messa in scena l’ambiguità e la doppiezza delle sue operazioni di finzione e di scrittura.

Davvero bravi tutti gli attori del Teatro della Luce e dell’Ombra che hanno saputo dimostrare la complicità necessaria nell’essersi piegati in corpi fantasmatici, capaci di marcare sensibilmente lo straniante ed onirico spazio della rappresentazione inondato da una luce liberatoria a fine serata. Il pubblico ha tributato alla Compagnia un meritatissimo e prolungato applauso.

(fotografie di Michael Donatone)

 


DR. JEKYLL E MR.HYDE, ovvero il doppio infranto nei labirinti dell’inconscio

Regia Gennaro Duccilli

24 Aprile 2015 Teatro Artemisio di Velletri

Con: Gennaro Duccilli, Paolo Ricchi, Eleonora Cardei, Antonio Lo Corriere, Maurizio Castè, Paola Surace, Eleonora Mancini, Wladimiro Sist, Massimo Albanesi, Giordano Luci, Roberta Colanera, Lorenzo Lotti, Matteo Santinelli, Lucrezia Sist

Scene: Sergio Gotti; Costumi: Ines Delle Vedove; Luci: Antonio Accardo; Audio: Giulio Duccilli, Leonardo Pellegrino; Comunicazione e grafica: Antonio Maria Duccilli; Aiuto regia: Eleonora Cardei; Foto: Michael Donatone; Aiuto costumista: Azzurra Felici