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Azioni Parallele

NUMERO  7 - 2020
Azioni Parallele
 
Rivista on line a periodicità annuale, ha ripreso con altre modalità la precedente ultradecennale esperienza di Kainós.
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Apocalisse

 

 

Estratto daApocalisse. 
L'inizio e la fine della modernità

 

 

Come è noto, il termine “apocalisse” è di origine greca e deriva da από (“via”) κάλυπτο (“ciò che è nascosto”), quindi αποκάλυψισις significa “rivelazione”, “scoprimento”, “manifestazione”, “apparizione”.

Molte parole sono collegate all’apocalisse, se consideriamo l’origine indoeuropea della radice della parola1. Questa origine si fa risalire alla radice kal, da cui deriva il termine greco καλήω e il latino calare “chiamare”, “invitare”, ma anche κλέος “notizia”, “voce”, e i latini calendae e calendarium “chiamata del primo giorno del mese lunare”, “contare” e da cui proviene il verbo latino calculare e anche clamare “chiamare”, “gridare” e clamor “grido”, e il greco κλήσις è “chiamata”, da cui εκκλησία “assemblea”, ma soprattutto “chiesa” e il clarus “chiaro”, luminoso”, “illustre”, ma anche “suono della voce”, per cui declarare è “fare un suono con voce”. La radice kal si può ritrovare nel greco κελεύο “esortare”, “incitare”, κελλω “spingere”, “mettere in movimento”, κελης è il “cavallo da corso”, e celer è “celere” “rapido”. Dalla radice kal viene il termine greco καλός “bello”, κάλλος “bellezza”.

Dalla variante kra della radice kal deriva il greco κρύω “urtare”, “battere”, “suonare” e da kra viene anche il greco κρύπτωnascondere” quindi κρύπτος “nascosto” o “segreto”, κρυπτικός “criptico” o “che nasconde”, κρύπσις “nascondimento”, ma ancheproviene il greco χρώζω “colorare”, “tingere”, χρώμα “colore, “pelle”, χρώς “carnagione” e anche color “colore” nel senso di “qualità aggiunta che copre l’oggetto”. Mentre dall’altra variante kla della radice kal,viene in greco κάλυκς e in latino calix “calice” e anche καλύπτω e celare “celare”, “nascondere”, ma anche il greco κλεπτω e clepere “rubare”.

Il sostantivo sanscrito kalayati è “contare” o “annunciare il tempo” e kāla è “tempo” e kalā è una parte della rotazione della sfera celeste, quindi viene indicato un movimento circolare e anche loro provengono dalla radice indoeuropea kal. Vedremo che molte di queste parole e significati saranno trattati in questo saggio, svolgeranno una loro funzione “apocalittica”.

[...]

 

Le apocalissi storiche

Altro aspetto hanno le apocalissi storiche, in quanto causate dall’uomo, dove, quindi, l’uomo è soggetto agente dell’apocalisse e oggetto, cioè vittima dell’apocalisse. L’aspetto di vittima è nuovo nella nostra analisi. Non ci sono vittime nell’apocalisse religiosa, sia stoica, perché è un momento del ciclo dell’universo, sia in quella cristiana, a meno che vittima non si voglia considerare Satana e il suo popolo di diavoli. Naturalmente ci sono vittime nelle apocalissi naturali, ma sono vittime casuali, hanno avuto la sfortuna di essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato. È vero che Rousseau cercò di colpevolizzare le vittime del terremoto di Lisbona, addebitando l’alto numero di morti alle pessime condizioni edilizie delle case della capitale portoghese, ma la sua giustificazione, seppure valida razionalmente, non diminuì il compatimento emotivo verso quelle vittime, perché, appunto, vittime casuali. Lo stesso accade nelle contemporanee vittime di apocalissi naturali, anche se spesso si cercano eventuali responsabili di danni o morti. Ma si tratta di co-responsabilità di un evento naturale senza responsabili. Infatti quando Kant o Rousseau rifletterono sul terremoto di Lisbona esclusero una responsabilità divina nel tragico evento.

Nelle apocalissi storiche o umane la responsabilità è dell’uomo, ma in apparente contraddizione spesso le vittime non suscitano compatimento emotivo, anzi spesso ci si dimentica delle vittime, ci si deve dimenticare di esse. La storia è piena di apocalissi, anzi si potrebbe pensare che la Storia è storia di apocalissi. Quasi tutte le civiltà antiche sono scomparse a cause di apocalissi, molto spesso di apocalissi umane, cioè sono state cancellate da conquiste umane, da parte di altri popoli. Si pensi alla conquista romana di Cartagine. La città che era riuscita a mettere in serio pericolo l’esistenza di Roma, quando fu conquistata fu rasa al suolo, incendiata, la sua popolazione fu trucidata o schiavizzata. Non sono rimaste vittime che potessero ricordare e narrare la loro civiltà.

Si pensi, anche, alla Caduta dell’Impero Romano, che nell’arco di un secolo vide flettersi la popolazione dell’Italia da 10 milioni a 5 milioni e quella di Roma da un milione a 20.000 abitanti. Non si tratta di semplici numeri, ma di vittime, di morti che non riproducevano più la vita umana. Abbiamo qualche cronaca di questa apocalisse, ma in generale si è storicamente data poca importanza a queste testimonianze, perché queste vittime o erano pagani, o sono state considerate un prezzo da pagare per permettere alla Chiesa cristiana di assumere il potere politico sulla società civile europea occidentale. C’è stata un’operazione ideologica di occultamento di questa apocalisse, anzi la Chiesa si è assunta il merito di avere salvato la cultura occidentale, mentre in realtà aveva costantemente indebolito il potere imperiale in Occidente, preparando le condizioni della sua caduta. Questa interpretazione è rafforzata dal confronto con la Chiesa d’Oriente, che fu uno dei pilastri del potere imperiale e che permise la sua continuità, fino a quando non comparve un nemico religioso, i Turchi ottomani, anche questa una forma di apocalisse. Ma fu una parziale apocalisse, perché il sultano Mehemet II fermò il saccheggio della città, per evitare che fosse rasa al suolo. Addirittura alcune chiese rimasero cristiane e, quindi, il culto del nemico vinto continuò, tollerato dai Turchi conquistatori. Per gli Europei occidentali fu tale l’impatto della conquista di Costantinopoli, che vollero datare l’inizio della Modernità dalla sua caduta.

  

La Conquista dell’America come apocalisse

In realtà, cioè senza finzioni ideologiche, la Modernità inizia con la Scoperta dell’America, che è il prologo della Conquista dell’America. Ci sono varie teorie che sostengono che Colombo conoscesse già l’America prima di arrivarvi il 12 ottobre 14922. Se ciò fosse vero, allora, si può presumere che Colombo avesse avuto un’idea delle dimensioni del continente e della sua ricchezza.

La Conquista dell’America è stata un’apocalisse di un genere molto particolare, perché non è stata una fine, o almeno in Europa – il continente che scrive la Storia – non fu considerata una fine, ma l’inizio, l’inizio proprio della Modernità. Quindi l’Apocalisse della Conquista è strutturale alla storia della Modernità, come sostiene Enrique Dussel: «La nostra ipotesi […] è che l’America Latina, a partire dal 1492, è un momento costitutivo della Modernità e Spagna e Portogallo come suo momento costitutivo»3

In realtà la Conquista dell’America è stata la fine di un mondo, una fine totale, oltre che catastrofica, che non si può comparare con la fine dell’Impero Romano, perché di quello fu conservata, ed è ancora conservata, almeno la lingua e la cultura, perché il distruttore di quel mondo si presentò come il suo successore che aveva l’intenzione di continuarne sotto forme diverse la storia; mentre delle popolazioni amerindie sono state cancellate metodicamente non solo le lingue, ma anche tutto il patrimonio culturale. Se qualche traccia delle lingue pre-conquista ancora esiste, è stato per merito dell’ostinazione delle popolazioni locali, per la loro dislocazione ambientale, per il recupero, del loro patrimonio culturale, ancora esistente, secoli dopo la conquista. La Conquista dell’America è l’apocalisse meglio riuscita, con conseguenze devastanti ancora presenti nel nostro mondo.

Per l’Europa la Conquista dell’America è stato un colpo di fortuna inatteso. Si pensi che nel 1492 l’Europa cattolica era assediata e sotto il pericolo di fare la fine della cristianità orientale greco-ortodossa. Nel 1492 i Turchi erano già fortemente stabilizzati nei Balcani e minacciavano il centro geografico d’Europa, cioè l’Impero Asburgico. Furono fermati nel 1529 sotto le mura di Vienna, ma la Conquista dell’America era iniziata già da più di 30 anni, sfruttata da Carlo V, l’imperatore asburgico che salvò Vienna dai Turchi, che approfittava delle enormi ricchezze che provenivano dall’incipiente conquista per finanziare la guerra di resistenza contro i Turchi.

Si tenga conto di un altro fattore decisivo: tutte le nazioni che, dopo la Conquista dell’America, divennero imperi, erano già imperi in Europa, con una sola esclusione, il Portogallo. La Spagna dominava non soltanto altre nazioni entro gli stessi confini della penisola iberica, ma anche l’Italia meridionale prima del 1492. La Francia era un dominio dell’Ile de France sul resto della nazione e da questo stato di fatto tentò la conquista dell’Italia. L’Inghilterra dominava Galles e Irlanda e poi anche la Scozia. La mentalità imperiale europea nacque prima della Conquista dell’America, anzi questa mentalità guidò la conquista.

La Conquista dell’America fu l’apocalisse per i popoli indigeni, a causa delle malattie e dei massacri compiuti dai conquistadores. Ma prima di passare ad analizzare le modalità di questa apocalisse e le sue conseguenze, va spiegata l’origine di tanta ferocia da parte dei conquistadores, che erano pur sempre cristiani. Appunto il carattere religioso della conquista fu all’origine del massacro degli indigeni. Questo carattere religioso fu ereditato dalle Crociate, guerre di conquista nei confronti di popolazioni molto più ricche di quelle europee, e poi dalla Reconquista, cioè da quel lunghissimo processo di lotte per il controllo della penisola spagnola combattute da cristiani e musulmani, che durò per otto secoli. La Reconquista assunse il carattere di una crociata, fortemente caratterizzata dall’odio verso i musulmani, considerati come creature del diavolo. In realtà fu una lotta contro una civiltà nettamente superiore alla cristiana, quale quella arabo-musulmana spagnola. I cristiani, quindi, demonizzarono i musulmani e questa immagine demonizzata la portarono con sé nella Conquista dell’America nei confronti degli indigeni. Si tenga conto che gli spagnoli riconquistarono Granada il 2 gennaio 1492, cioè soltanto dieci mesi prima dell’arrivo di Colombo a San Salvador, in pratica tra Reconquista e Conquista dell’America non c’è una soluzione di continuità cronologica. La demonizzazione degli indigeni era un aspetto ideologico necessario per condurre la loro annichilazione: essi divennero la negazione della cristianità che andava negata. Intellettuali europei, soprattutto membri del clero, o rimasero del tutto ignoranti dei costumi e delle tradizioni degli indigeni, o peggio ancora occultarono di proposito queste tradizioni per giustificare i massacri degli indigeni. Ad esempio si esaltarono i sacrifici umani degli aztechi, ma non si fece parola dell’ordinamento sociale degli Inca, in cui tutti i sudditi avevano diritto alla vita e alla riproduzione della vita. Il carattere più tipico dell’Apocalisse è di essere la negazione della negazione.

La Reconquista, continuata nella Conquista dell’America,fornisce la copertura ideologica di un vero e proprio Olocausto, il maggiore per dimensioni della storia, cioè una lotta contro le forze del diavolo, ma il fattore indispensabile per spiegarlo è la condizione di partenza dei conquistadores. Essi erano ideologicamente cristiani, e non potevano non esserlo, ma soprattutto erano poveri, come la stragrande maggioranza degli europei dell’epoca. L’Europa è una zona particolarmente povera della Terra, ad ovvia esclusione delle zone assolutamente non coltivabili come i deserti o le alte catene montuose. Gli storici definiscono l’agricoltura europea come una aridocultura, cioè l’agricoltura di terre sostanzialmente aride. La Spagna è una delle zone più aride del Mediterraneo, proprio la grande distanza dal mare rende il centro della Spagna, la Meseta, particolarmente arida. In realtà, quindi, è la povertà che spinge gli europei a tentare la sorte attraversando su piccoli gusci di legno, le caravelle – le cui dimensioni erano 20-30 metri di lunghezza e 7-8 di larghezza, con 50 tonnellate di dislocamento – un oceano immenso come l’Atlantico. Gli indigeni americani vivevano in un ambiente troppo ricco e fertile per avere la necessità di attraversare l’oceano in senso inverso. Vanno, quindi, rovesciate le nostre concezioni, secondo le quali gli europei erano più ricchi e civili degli indigeni, è vero piuttosto il contrario: la ricchezza dell’Europa è una conseguenza della Conquista dell’America e non la sua causa.

Si immagini il contrasto visibile tra i mezzi vitali dei conquistadores e degli indigeni: i primi vestiti di lana e ferro (armature), cioè vestiti per un clima freddo e per la guerra, gli altri seminudi o vestiti con cotone, meglio adattati al clima locale; i conquistadores abituati a lavorare per l’intera giornata e per tutto l’anno per avere un raccolto sufficiente alla sopravvivenza e al mantenimento di una ricca nobiltà, gli indigeni che in un paio d’ore si procuravano l’alimentazione per la riproduzione della propria vita e che vivevano una vita di pigrizia e di tempo libero, quindi non erano abituati a un lavoro costante ed estenuante, alienante. A questa enorme differenza di mezzi vitali si univa una poderosa disponibilità di mezzi tecnici da parte dei conquistadores, che avevano strumenti di metallo, armi da fuoco e animali addomesticati; gli indigeni avevano soltanto strumenti di legno e pietra, non addomesticavano animali perché non ne avevano bisogno – salvo gli Inca, che vivevano, a loro volta, in terre poco fertili. L’uso delle armi da fuoco permise ai conquistadores di far fronte all’enorme numero di indigeni che era possibile schierare in battaglia. Inoltre il grande rumore di queste armi terrorizzava gli indigeni, oltre all’effetto delle ferite inferte a distanza. La superiorità tecnologica degli europei era una conseguenza delle difficoltà di vita nel continente europeo e si rovesciò in uno dei fattori che permisero la conquista.

Anche l’uso dei cavalli terrorizzava gli indigeni, perché credevano che il cavallo e il cavaliere fossero una sola creatura e la loro mentalità non riusciva a comprendere come questa unica creatura potesse dividersi in due, quando il cavaliere scendeva da cavallo. Quindi i conquistadores sfruttarono anche l’immaginazione degli indigeni per massacrarli. La concezione religiosa degli aztechi fu sfruttata a proprio favore dai conquistadores quando seppero che erano stati scambiati come emissari di Quetzalcoatl (Serpente piumato) identificato con lo Spirito del Vento, che sarebbe tornato, secondo una concezione ciclica del tempo. Le sembianze di Quetzalcoatl erano quelle di un uomo bianco, biondo e barbuto, quindi molto simile a qualcuno dei conquistadores, che sfruttarono anche questa concezione religiosa indigena.

Insomma, volendo usare le immagini dell’Apocalisse di Giovanni, i conquistadores somigliano più all’esercito di Satana che all’esercito di Gesù.

 

Note

1 Tutte le informazioni filologiche sono tratte da Franco Rendich, Dizionario etimologico delle lingue classiche indieuropee, Roma, Palombi, 2010, pp. 28-31.

2 R. Marino, Colombo e il papa tradito, Roma, Newton Compton, 1991. Secondo Marino, Colombo era arrivato in America nel 1485 e, quindi, nel 1492 sapeva benissimo dove stesse andando. È però certo che Colombo aveva potuto vedere la carta di Enrico Martello del 1491, dove è disegnata per la prima volta l’America. È probabile che Martello avesse avuto notizia dell’esistenza del continente da mappe cinesi, dato che i cinesi erano arrivati in America, dal Pacifico, nel 1421. Sull’arrivo dei cinesi in America nel 1421, cfr. Gavin Menzies, 1421. La Cina scopre l’America, tr. it. M. C. Coldagelli e A. Listuzzi, Roma, Carocci, 2002.

3 E. Dussel, 1492. El encubrimiento del otro. Hacia el origen del “mito” de la modernidad, Madrid, Nueva Utopia, 1992, p. 29 (La traduzione è mia).

 

 

 


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